Riprendere a lavorare dopo la maternità: 3 cose da considerare

La maternità è un momento delicato per tutte le donne, ma la legge tutela le lavoratrici madri nelle diverse fasi della gravidanza con diverse accortezze.

Il congedo per la maternità consiste in un periodo più o meno lungo di astensione dal lavoro che può influire però psicologicamente ed emotivamente sulla neomamma, anche in maniera negativa. Non sempre, infatti, vi è la voglia di riprendere a lavorare dopo uno stop piuttosto lungo dal lavoro.

Quali sono i metodi psicologici per ricominciare dopo un evento che cambia la vita di tutte le donne? Come fare ad affrontare il lavoro e far conciliare la nuova vita con quella lavorativa? Vediamo qualche dritta con 3 consigli utili.

Congedo per maternità, benefici statali post parto e altro

La legge italiana prevede l’obbligo di astenersi dal lavoro per tutte le donne in dolce attesa, dai 2 mesi antecedenti la presunta data del parto, oppure solo un mese, se la lavoratrice è nelle condizioni per poter svolgere le mansioni lavorative, ed i 3 (o quindi 4 mesi) successivi al parto.

Questo mantenendo una retribuzione pari all’ 80% dello stipendio.

Con le varie riforme introdotte, anche il padre detiene il diritto ad una sorta di congedo con solo però due giorni da usufruirsi entro i 5 mesi dalla nascita del bambino. (Congedo di paternità).

Entrambi i genitori sono poi tutelati dalla legge 92/2012 per un congedo parentale facoltativo e contemporaneo per i primi anni di vita del bambino (congedi parentali).

Il Congedo per maternità è quindi un periodo piuttosto lungo, in quanto si tratta di 5 mesi obbligatori per legge, che possono impattare sulle relazioni sociali, sulla percezione di se stessi e anche sulla sicurezza che una persona può avere (o non avere) in termini di capacità e competenze.

Il mondo del lavoro evolve rapidamente pertanto è normale farsi delle domande e avere dei dubbi su sé stessi e capire se si è ancora indispensabili, ad esempio, se si è inseriti in un team. Se hai delle perplessità e ti senti frustrata, puoi sempre chiedere il supporto di coach specializzati, anche online come sul sito coachlucabertuccini.it, per avere i giusti stimoli nel rientro al lavoro, senza troppe paranoie e difficoltà psicologiche.

Tornando invece ai benefici statali, sappi che ve ne sono alcuni che possono essere usufruiti anche post parto e durante la ripresa del lavoro, questo per facilitare la conciliazione fra la nuova vita da mamma e la condizione di donna lavoratrice, non sempre un passaggio facile.

Parliamo ad esempio della possibilità di riduzione delle ore lavorative tramite i cosiddetti “permessi per allattamento”. Le riduzioni vanno dalle 2 ore al giorno su un contratto di lavoro full time e di una sola ora al giorno per coloro che lavorano part time, ma meno di sei ore. Tali permessi, a differenza del congedo per maternità, vengono retribuiti pienamente dal datore di lavoro. Il permesso per allattamento dura fino il compimento dell’anno di età del bambino.

Ancora, vi è la possibilità di permessi, questa volta però non retribuiti, per i padri e le madri, fino il compimento degli otto anni di età del bambino, in caso di malattia di quest’ultimo. La retribuzione in caso di assenza per malattia del figlio non viene però a mancare entro i primi 3 anni del bambino (retribuzione al 100% anche in caso di assenza per malattia).

Gli aspetti psicologici della maternità e la ripresa della routine quotidiana: 3 aspetti da tenere in considerazione

Come già accennato, la ripresa del lavoro, dunque della routine quotidiana precedente al diventare mamma e quindi acquisire nuove responsabilità, è spesso difficile.

Oltre a richiedere una consulenza di coaching specialistico che non fa ma mai male, possiamo darti altri 2 pratici conigli che puoi invece mettere in atto da sola al rientro dal congedo di maternità.

Data la condizione psicologica altamente stressante, primo aspetto da considerare, in quanto oltre il lavoro si dovrà avere a che fare con un “lavoro extra” anche a casa, è bene come primo consiglio utile darsi tempo senza farsi prendere dal panico e dalla frustrazione. Può sembrare banale, ma è uno step necessario che andrà ad attenuarsi con la crescita di un figlio, in quanto il nostro cervello è molto abile ad adattarsi a nuove abitudini. Darsi tempo significa cambiare il proprio mindset, ragionando in modo differente rispetto a prima e cominciando a diventare più confidente con le nuove abitudini di vita. È un po’ come cambiare casa, lavoro e subire un grosso cambiamento del proprio stile di vita: solo il tempo può concederti di adattarti.

È bene poi prendere un appuntamento per un incontro con il proprio datore di lavoro: questo consiglio è utile soprattutto se lavori in un ambiente grande, nel quale ci sono tante persone e se hai a che fare con team. Un incontro può aiutarti a capire se le priorità dell’azienda sono cambiate o rimaste invariate, dunque se la tua figura professionale dovrà subire ulteriori cambiamenti.

Questo, a livello psicologico serve per riacquisire quella fiducia e quella sicurezza di sé nel proprio ambiente di lavoro. Si tratta un po’ di “tornare a scuola” in alcuni casi e dover re imparare mansioni o procedure, ma anche in questo caso: tempo al tempo!

Quindi possiamo dire che un altro aspetto da considerare è quello della socialità di fatto sempre collegato alla sicurezza e percezione di noi stessi. Puoi pensare di organizzare un evento aziendale come una cena con i vecchi colleghi (ed eventualmente i nuovi) per re-integrarti nel tuo ambiente di lavoro. Questo aiuta a riprendere confidenza e magari anche avere dei supporti maggiori sul discorso lavorativo.